Area Bosco

BoscoIl “boschetto” del Parco eco-didattico “La fattoria di Valentino” è una delle aree più caratteristiche per la progettazione da cui è conseguito. In essa, infatti, sono riportate le principali fasce vegetazionali relative alle corrispondenti fasce altitudinali, rappresentate e disposte lungo un percorso curvilineo così come si sono sviluppate dopo l’eruzione del Vulcano Laziale ben 70.000 anni fa!

Per prima troviamo la Lecceta, relativa all’altitudine di 200/600 mt., successivamente il Laureto, relativo ad un’altitudine di 330/450 mt, poi la Pineta, tipica dei 400/600 mt s.l.m.

La biocenòsi continua con un Bosco misto di latifoglie, presente in tutta l’area del Vulcano Laziale e caratteristica dei 500/700 mt s.l.m..

L’area si chiude con il Castagneto, quale esempio di bosco di origine antropica e viene presentato in forma arborea per la produzione del frutto, ed il Ginestreto, quale esempio di specie “eliofila” presente nelle aree assolate.

Gli alberi del bosco – Curiosità

Nella Lecceta incontriamo, naturalmente, il Leccio, signore della Macchia Mediterranea, ed un albero molto interessante, la Sughera, ovvero l’albero da cui di estrae il sughero. Esso si ricava “scortecciando” piante di almeno 15-20 anni di età e per riformarsi impiega dai 7 ai 15 anni.

L’uso del sughero è molto antico: i greci e i romani ne conoscevano già le proprietà galleggianti ed isolanti e lo usavano per reti da pesca e per le suole delle calzature, come ci tramanda il filosofo greco Teofrasto, il naturalista Plinio il Vecchio, ed il poeta Orazio.

Nel Laureto, si trova una serie di alberi tutti della stessa famiglia dell’Alloro, una delle piante più utilizzata, forse, per l’aromatizzazione in cucina. Dalle sue foglie, infatti, derivano oli essenziali molto apprezzati sin dall’antichità: nel De re rustica di Marco P. Catone è riportata la ricetta del “Pasticcio al vino dolce”, una pietanza cosparsa di polvere d’alloro e cotta su un letto di foglie di questa pianta.

A fiancheggiare l’Alloro troviamo l’Olmo, dal latino Ulmus, che significa “crescere o sorgere”; tale pianta, molto longeva, simboleggia “l’amore fedele”, anticamente, proprio per tale motivo, si usava piantarne un filare presso l’ingresso delle chiese, in segno di devozione e sottomissione alle regole monastiche. L’Olmo, però, era anche considerato l’albero di Oneiros, figlio della notte e Dio dei sogni, e quindi l’albero della morte. Nella mitologia germanica rappresenta la donna, mentre in Francia è l’albero della giustizia.

La Roverella (Quercus pubescens), che non significa “piccola rovere”, è la quercia caratterizzante l’areale boschivo italiano. Si narra che anche la famosa tavola rotonda di Re Artù fosse ricavata da un unico pezzo di questo albero.

Anche il Nocciolo (Corylus avellana) fa parte del Laureto, di esso narra una leggenda bretone che, durante la notte di Natale, spunti su ognuna di queste piante un ramo d’oro: colui che ha la fortuna di coglierlo prima che sia scoccata la mezzanotte possiederà una bacchetta potente come quella delle fate. Non a caso le bacchette dei rabdomanti sono generalmente proprio di nocciolo!